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Conferenza Stampa sullo Sfruttamento lavorativo in Veneto

Conferenza Stampa sullo Sfruttamento lavorativo in Veneto

Il fenomeno dello sfruttamento lavorativo non è prerogativa esclusiva delle piccole e medie imprese o delle regioni del sud, ma è radicato anche qui al nord e nel Veneto e riguarda anche grandi aziende e multinazionali. Si tratta di una piaga che si manifesta con diverse gradazioni di gravità, che vanno dal lavoro grigio ai part time involontari, dai dumping contrattuali alle evasioni fiscali e contributive, fino ad arrivare alle violazioni in tema di salute e sicurezza, al lavoro nero, allo sfruttamento lavorativo ed al caporalato vero e proprio con situazioni di para schiavismo. E questo, in Veneto, riguarda moltissimi settori: agricoltura – logistica – edilizia – manifatturiero – servizi/commercio/turismo.

Nel nostro rapporto annuale sullo sfruttamento lavorativo (curato per la Cgil Veneto da Ilario Simonaggio e scaricabile integralmente dal link https://www.cgil.veneto.it/wp-content/uploads/2024/02/Rapporto-2023-sullo-sfruttamento-lavorativo.pdf), sono raccolte le notizie che emergono giorno per giorno dalle indagini della Guardia di Finanza, dall’Ispettorato del lavoro, dalle inchieste pubblicate sui quotidiani, e confermate da diverse report ufficiali, come il rapporto Placido Rizzotto, che analizza le inchieste aperte nelle procure e il rapporto sui progetti anti-caporalato dell’OIM-INL.

Silvana Fanelli, Segretaria Regionale Cgil Veneto: “Questi dati rendono evidente che in Veneto illegalità e caporalato stanno inquinando sempre di più alcuni settori e attivando fenomeni di dumping sociale e retributivo.

In questa situazione, i lavoratori non solo sono sfruttati in ambito lavorativo, ma subiscono le conseguenze della loro condizione anche nella vita quotidiana, nella dimensione abitativa spesso caratterizzata dal degrado, nella mobilità fortemente limitata, nella possibilità di accesso ai servizi.

È frequente che una retribuzione già estremamente bassa venga ulteriormente intaccata dall’obbligo di pagare ai caporali stessi alloggi fatiscenti e il trasporto per raggiungere il luogo di lavoro.

Ma il caporalato non è l’unica espressione di illegalità: diventa sempre più frequente, come si legge nel rapporto, il fenomeno delle imprese/cooperative che aprono e chiudono nel giro di pochi anni, scomparendo da un giorno all’altro e lasciando i lavoratori senza retribuzione né tfr, con un danno che pesa anche sulla collettività.

Anche il sistema degli appalti e subappalti si ripercuote sui lavoratori (come dimostrano le inchieste della procura di Milano e i fatti accertati in questi giorni dalla GDF di Treviso) sui loro diritti economici, normativi e sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro: per questo sarebbe indispensabile che ai committenti venisse riconosciuta la responsabilità della scelta delle aziende subappaltatrici di cui si avvalgono, tenendo conto che, a fronte di un risparmio immediato di poca entità c’è il rischio, successivamente, di doversi sobbarcare costi ben maggiori dovuti, ad esempio, all’insolvenza nei confronti dei lavoratori e non solo, come dimostrano le numerose inchieste che hanno chiamato in causa grandissime e notissime aziende di molti settori dalla logistica (casi BRT, DHL, ieri Amazon, ecc.) e della Moda (Armani, Dior) solo per citarne alcune.

Stesso discorso vale per il lavoro nero: i controlli degli enti preposti (che registrano da anni una cronica carenza di organici) individuano costantemente contratti irregolari, o addirittura inesistenti, e persone private delle più elementari tutele. Inevitabile, in un simile contesto, il dilagare dell’evasione fiscale e contributiva, che produce danni permanenti a lavoratrici e lavoratori, perché sottrae risorse indispensabili a finanziare lo stato sociale (mentre crescono i profitti delle imprese) e perché crea, per loro, le condizioni di un futuro previdenziale povero. In Veneto, a fronte di 3954 ispezioni definite dall’Ispettorato, il 76% presenta irregolarità che riguardano 6184 lavoratori.

Anche analizzando i dati Istat (aggiornati al 2021) sull’economia non osservata, emerge che il maggior numero di occupati non regolari è concentrato nel settore dei servizi, ma se guardiamo il tasso di irregolarità (incidenza in percentuale dei lavoratori irregolari sul totale degli occupati) al primo posto troviamo il settore agricolo. In altre parole, numericamente ci sono meno occupati irregolari in agricoltura rispetto ai servizi, ma in agricoltura gli irregolari sono una fetta più grossa sul totale degli occupati rispetto ai servizi.

Sappiamo inoltre, che molto spesso questi fenomeni riguardano lavoratori di origine straniera, che per le norme del nostro paese (Bossi-Fini in primis, ma non solo), sono costretti in uno stato di bisogno che spesso li induce ad accettare qualsiasi condizione di lavoro

L’obiettivo che vogliamo perseguire è cambiare il modello di sviluppo, per rimettere al centro il lavoro stabile, di qualità, sicuro, ben retribuito.

Continuare a ritenere questi fenomeni “casi sporadici” va nella direzione opposta rispetto a quello che serve per affrontare il nodo della legalità, della sicurezza, delle infiltrazioni criminali nel tessuto produttivo. L’unica strada per raggiungere risultati concreti è interpretare e far vivere una questione sociale del lavoro che va affrontata e risolta con estrema urgenza”.

Nel corso della conferenza stampa sono intervenuti anche:

Cecilia de’ Pantz, Segretaria generale Filcams Veneto, Michele Pettenò, Segretario generale Filctem Venezia, Francesco Andrisani, Segretario generale Fillea Veneto, Alessandro Piras, Segretario generale Filt Veneto, Antonio Silvestri, Segretario generale Fiom Veneto, Giosuè Mattei, Segretario generale Flai Veneto

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