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Sicurezza e difesa, i lavoratori scendono in piazza

Sicurezza e difesa, i lavoratori scendono in piazza

Cgil Veneto, Funzione Pubblica Penitenziaria e SILP CGIL hanno organizzato un presidio regionale a Treviso, in Piazzetta Aldo Moro, per il contratto, la previdenza e le assunzioni. E per la sicurezza democratica del nostro Paese.

A Roma in Piazza Montecitorio, a sostenere la mobilitazione, anche il segretario generale della Cgil Maurizio Landini.

Oggi abbiamo scelto Treviso per rappresentare a istituzioni e cittadini il nostro punto di vista e il malessere della categoria. Il governo deve smettere di ignorare le nostre rivendicazioni e iniziare a prendere sul serio le esigenze di chi ogni giorno lavora per garantire la sicurezza del Paese. Occorrono risorse economiche per un contratto dignitoso e risorse per un piano di assunzioni straordinario. Più personale serve non solo ad alleggerire i carichi di lavoro di chi è in servizio ma è necessario per aumentare gli organici e garantire servizi di sicurezza efficienti.

I soldi che materialmente potranno arrivare nelle tasche dei lavoratori grazie al nuovo contratto saranno più o meno 80 euro lordi, considerando che circa 70 sono quelli erogati unilateralmente dalle amministrazioni a dicembre scorso come anticipo sul 2024. Soldi che arriveranno solo a gennaio 2025, mentre l’ultimo contratto è scaduto a dicembre 2021.

Nonostante nel triennio 2022/2024 il costo della vita sia aumentato di oltre il 17%, il governo ha messo a disposizione risorse pari al 5,78% per un aumento dello stipendio di poco superiore all’incremento ottenuto nel 2021, con il precedente contratto, quando l’inflazione era intorno al 5%. Non si tiene in debito conto che i contratti sono scaduti da tempo, quello per il personale non dirigente arriva oggi a 942 giorni dalla scadenza, mentre quello per i dirigenti a ben 2.403 giorni.

I ritardi fanno perdere risorse e, con i tassi di inflazione degli ultimi due anni, il potere di acquisto degli stipendi si è ulteriormente ridotto. Tutto ciò è inaccettabile. Così si realizza un impoverimento reale per donne e uomini delle forze di Polizia superiore al 10%.

Una delle promesse elettorali che i partiti di destra si erano impegnati a rispettare se fossero arrivati al governo, fu quella di rispondere alle domande e ai bisogni degli uomini e delle donne che garantiscono l’ordine pubblico e la sicurezza. Aumentare il personale, le dotazioni strumentali, rinnovare il contratto. Impegno che sembra del trapassato remoto visto che di concreto in quasi 650 giorni di Governo Meloni nulla è stato fatto. E la realtà mostra numeri molto diversi.

Organici fortemente diminuiti a fronte di impegni e incombenze aumentate. Seppur in maniera diversificata, rispetto ai dati del Dossier Veneto realizzato dal SILP CGIL Veneto nell’ottobre 2014, i dati degli organici attuali si possono riassumere in un – 10% di personale, con una età media che resta troppo elevata in relazione ai specifici, delicati e rischiosi compiti che ogni giorno donne e uomini in divisa devono affrontare. Per questo è stata decisa la mobilitazione. L’obiettivo è quello di attirare l’attenzione della politica, delle istituzioni, dei cittadini su questioni cruciali: dal rinnovo del contratto, alle condizioni previdenziali, siamo l’unico comparto che a quasi trent’anni dalla riforma previdenziale, ancora non ha la previdenza complementare, fino alla questione divenuta necessità impellente di un piano straordinario di assunzione, oltre che la garanzia del turn over. Senza scordare la necessità di assicurare la sicurezza democratica nel nostro Paese.

Nonostante le proteste degli ultimi mesi e le critiche sollevate anche dai sindacati dei militari, il Governo non ha avanzato alcuna proposta significativa riguardante il rinnovo del contratto. Gli incontri finora tenuti non hanno prodotto alcun progresso. È evidente come dopo continui slogan e promesse, non c’è la volontà di dare risposte concrete alle richieste delle lavoratrici e dei lavoratori del comparto sicurezza e difesa. Al momento il Governo propone di spostare alcune risorse dalle indennità accessorie alla parte fissa con un aumento di circa 13 euro lordi. Per il personale in divisa gli aumenti medi finali, al netto degli anticipi già corrisposti, passerebbero da 80 a 91 euro circa. Una miseria, soprattutto perché si tratta di una partita di giro. Per noi il 100 per cento delle poche risorse disponibili deve andare su stipendio e indennità pensionabile, affinché tutti ne possano trarre beneficio. Con l’ineludibile necessità di reperire nuove risorse per le indennità accessorie. Ma non si protesta solamente per i soldi. Perché carichi di lavoro e organizzazione del lavoro sono un latro nervo scoperto tra i lavoratori della sicurezza. È necessario arginare il preoccupante fenomeno dei suicidi tra le forze dell’ordine migliorando le condizioni di vita e di lavoro. Si tratta di dignità e di salute pubblica. Garantire la dignità del lavoro significa tutelare la sicurezza democratica del Paese. E tra i punti della piattaforma non può che esserci anche il diritto ad una pensione dignitosa e l’avvio della previdenza complementare. Una partita che dal 1996, con la riforma del sistema previdenziale del Governo Dini, per i lavoratori della sicurezza non ha mai avuto inizio. Con effetti dirompenti per chi allora aveva pochi anni di servizio e ancor più per tutti quelli entrati successivamente. Stipendi non adeguati all’inflazione e una contribuzione previdenziale che non potrà garantire una pensione sufficiente a vivere con dignità. Si sta costruendo un’intera generazione di futuri ex appartenenti alle forze di polizia che, usciti dal mondo del lavoro, saranno degli autentici poveri. Su questo, va detto, troppo scarsa è, ed è stata, l’attenzione delle forze politiche del Paese. E non ci sono risorse adeguate nemmeno per assunzioni e aumento di organici. Per quanto riguarda la Polizia di Stato, non si fanno assunzioni sufficienti a sostituire quanti ogni mese vanno in pensione, figurarsi se si reclutano quelli che servono per aumentare gli organici, operazione quanto mai necessaria. Mentre si continuano a spendere milioni di euro per finanziare l’operazione “di facciata” Strade Sicure che, nel concreto e rapportata ai costi, non assicura benefici reali e duraturi alla richiesta di sicurezza e legalità tanto giustamente reclamata dai cittadini.

Siamo convinti che con il contratto bisogna garantire che gli stipendi possano avere almeno lo stesso valore spendibile di tre anni fa. Si continua a far lavorare molto, troppo, gli agenti in servizio e pagando gli straordinari eccedenti con un ritardo di almeno 22 mesi. Lo straordinario non può essere utilizzato per aumentare lo stipendio surrettiziamente, aumentando l’orario di lavoro e facendo risparmiare le amministrazioni con mancate assunzioni. Da questo punto di vista servono altre risorse per gli straordinari che vanno pagati in misura maggiore e ad incremento. Bisogna lavorare di meno, meglio e maggiormente pagati, anche per garantire il benessere personale e organizzativo agli operatori. È una questione di dignità, e di rispetto per gli operatori della sicurezza: a loro sono affidati compiti delicati, sono i lavoratori e le lavoratrici che prima di altre per cittadine e cittadini rappresentano le istituzioni. Per questo, noi che non abbiamo la possibilità di esercitare il diritto di sciopero, oggi manifestiamo nelle piazze di tutta Italia.

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